Distopia Digitale

Le maggiori città su scala globale si stanno trasformando in veri e propri centri di sorveglianza digitale.

Conseguentemente ad attivazione e sviluppo dei relativi “ smart programs “ interi quartieri, interi distretti urbani stanno assumendo sempre più i connotati tecnici di poli dedicati al controllo sociale.

Tecnologie e dispositivi di natura invasiva come il riconoscimento facciale e la biometria applicata, l’installazione capillare di videocamere ad alta definizione,  la lettura automatica delle targhe, l’illuminazione e l’impiantistica urbana smart, le luci blu, i paletti, antenne smart e ripetitori, le autovetture smart, l’amministrazione smart della cosa pubblica, le abitazioni “sostenibili” smart, gli utensili e gli elettrodomestici smart … tutti connessi in un unico network senza fili ( il quale si affiderà in termini di efficacia all’ubiqua introduzione del 5G ) , gestito da algoritmi governati da sistemi integrati di intelligenza artificiale, unità singole e snodi capaci di interfacciarsi, di trasmettere e di ricevere impulsi in perpetua comunicazione gli uni con gli altri….  l’Internet delle Cose è tra noi..

C’e’ forse qualcosa di preoccupante?

L’avanzamento tecnologico è sinonimo di progresso no?

Tutto questo è per la nostra sicurezza, produttività e convenienza, no?

Ebbene, lasciatemi dire … le strade che percorrete vi stanno spiando, il telefonino che portate dietro vi sta spiando, le città in cui vivete vi stanno spiando e le infrastrutture utili per le misure di confinamento, per i lockdown a venire, vengono poste in essere in questo preciso momento.

Il frastuono, la monolitica e fuorviante narrativa ufficiale degli eventi internazionale di carattere geopolitico, sanitario, culturale, dei costumi ed esistenziale assolvono il compito di distogliere l’attenzione dall’impetuosa, mai osservata prima e apparentemente definitiva accellerazione verso un cambiamento autoritario del mondo.

Non lasciate che vi si continui a prendere in giro, la verità dovrebbe emergere potentemente ed imporsi sotto gli occhi di può ancora vedere, lo sviluppo tecnologico digitale vi sta intrappolando, ogni vostro movimento è tracciato, ogni preferenza espressa registrata, i dati così raccolti convergono sui vostri portafogli digitali.

Attraverso l’atto quotidiano di lasciarsi depredare volontariamente di questi dati personali, della vostra inviolabile dimensione privata, ogni variabile di comportamento, ogni vostra interazione verranno catalogati e monitorati per andare a comporre un personalissimo, indelebile punteggio di credito sociale, il vostro profilo di cittadino.

Bravo cittadino cattivo cittadino, si, proprio come in Cina.

Una volta che le CBDC ( Central Bank Digital Currency ovvero l’euro digitale ) saranno adottate attraverso mandati politici stringenti non sarete più in grado di spendere il vostro denaro senza previa autorizzazione da parte delle autorità centralizzate che lo emettono ( la B.C.E. ) e che ne controllano circolazione e validità delle transazioni.

A breve la così detta identità digitale diverrà realtà in Italia come altrove; molti paesi democratici più avanzati nella sua implementazione come Australia, Canada e Scozia hanno già adottato simili sistemi e presto, per poter accedere a servizi pubblici e sanitari essenziali, per poter viaggiare e spostarsi sul territorio, per accedere ad aree diverse da quelle di residenza o per accedere internet, per poter lavorare o per curare le nostre faccende amministrative verrà richiesta una autenticazione digitale di identità.

Pensate forse che mai  tale sistema totalitario verrebbe mai accettato?

Lasciatemi dire….in questi ultimi – quasi – tre anni di PLAN-demia abbiamo assistito con sconcerto ad un accoglimento delle ” limitazioni alle libertà personali Covid “ senza particolari inceppamenti, senza notabile clamore da parte della stragrande maggioranza della popolazione.

La verità è che stiamo marciando ad occhi chiusi verso un oscuro, allucinante futuro tecnocratico e, mentre in tanti, ci siamo accorti di quelche sta accadendo, chi da subito, chi in seguito ad un processo analitico più articolato della realtà, chi per sentito dire, tutto ciò sta DAVVERO accadendo, non è un gioco, non è un film.

La società contemporanea, per intera, sta scivolando in un abisso digitale di carattere distopico, un progetto di resettaggio il quale, una volta compiuto, non consentirà più alcun margine, alcuna agibilità all’affermazione della nostra intelligenza creativa, della nostra indipendenza di giudizio, della nostra autonomia e dignità umane.

Invertire ORA la rotta attraverso un concreto e diffuso atteggiamento di rottura con l’odiosa, apatica acquiescenza che ha distinto la condotta di troppi tra noi potrà forse “ salvarci ” da questo incubo? Staremo a vedere, di certo sarà possibile tornare indietro se questo processo di maturazione non comincerà a manifestarsi.

LIBERTA o PRIVILEGIO?

Messaggio ai “vaccinati” e ai non “vaccinati”

vorrei esporvi la mia idea in rispetto alla differenza tra la libertà e l’iniezione del covid.

L’iniezione, davvero, ci “restituisce” le libertà?

La risposta è, assolutamente: NO

Accettando l’iniezione non si ottiene “libertà”, si ottiene il riconoscimento di un PRIVILEGIO.

Privilegio NON corrisponde a libertà ed ecco perchè:

Libertà non e’ uno stato che ci possa venire assegnato da qualcuno.

Libertà è autodeterminazione

Uno stato di libertà ci permette di decidere DA NOI  che cosa è giusto PER NOI.

Ogni privilegio o “diritto straordinario” viene sempre concesso a titolo di ricompensa in tributo ad un atteggiamento di obbedienza o acquiescenza.

Diritti speciali o straordinari sono titoli che  vengono accordati da figure di autorità.

In termini di realtà qualunque ente o autorità che concede un privilegio a chiunque lo potrà poi revocare in un momento successivo.

Le regole sono soggette a cambiamenti e possono subire modifiche dettate dal caso o in base ad una precisa agenda di passaggi i quali costituiscono SEMPRE gli interessi delle figure in autorità, mai quelli dei soggetti sottoposti.

Quindi, con le iniezioni non otteniamo libertà

… ma ci sottoponiamo servilmente alla discrezione delle autorità che decidono e decideranno per noi …

… e questo stato di prostrazione alle autorità corrisponde esattamente all’opposto della libertà. 

Accettare queste iniezioni significa accettare una dipendenza assoluta dalle autorità e dalle esigenze del sistema di governo tirannico che ne regolano il passo.

L’unica via per essere liberi è NON ACCETTARE la loro autorità e NON ACCETTARE LE LORO INIEZIONI.

Nel caso lo avessimo già fatto, se ne abbiamo già accettata una, non diamogli più peso del dovuto: tutto ciò che abbiamo bisogno di fare è non accettarne delle altre e smettere di partecipare a questo “gioco” insano.

Questa “pandemia” durerà soltanto tanto a lungo quanto noi decidiamo di continuare a credere alle loro ignobili menzogne e al clima di terrore somministrato dai media e

Questo è un urgente invito ad aprire gli occhi e a non accettare di barattare la vostra capacità di essere liberi e di determinare con le vostre scelte i vostri interessi vitali per dei privilegi, del tutto temporanei, che vi vengono concessi oggi e revocati domani.

NWO Agenda Explained: COVID, Digital Identity, The Great Reset, Fourth Industrial Revolution, Transhumanism, Agenda 21, etc.

Very well done article, properly documented and straight to the crucial points of interest if one wishes to better understand and focus on what goes on and on why life in this world, in this particular moment in time and for the last year and a half, resembles a demented dystopian low budget film set.

What the so-called elites, which are formed by top deep state officials, bankers and technocratic psychos, are implementing in the scenario unveiled in the article, constitutes a next level, global enslavement driven criminal enterprise based on total surveillance and control over all life forms on Earth and on the fusion of their biological features with synthetic and digital ones.

In their vision of the future, we sit at the very base of the pyramid of power, like non playing characters cattle we are considered as spendable assets in the process of building a new world order type of human society.

The act of remaining sane and connected to what it means “to be human” has become the ultimate goal to be achieved by the bravest, self respecting, freedom seeking individuals this 21st century.

Il più Grande Reset ( The Great/er Reset )

Per noi che consideriamo quello della Libertà il valore e bene supremo, più scorre il tempo e  più sembriamo prendere coscienza che un eventuale “ ritorno ” alla vita come la vivevamo pre-Marzo 2020 rimane una illusione.

La società umana formale appare irrimediabilmente compromessa dalle azioni e dai comportamenti di una maggioranza di individui i quali mostrano di non avere a cuore né – appunto – la propria libertà, non il rispetto di se e dei propri confini, tantomeno  la verità.

Questo ultimo,  concetto quantomeno fumoso in termini di una sua percezione soggettiva ma solidamente definibile in termini oggettivi in quanto espressione di una collezione di eventi concatenati, mantiene una importanza fondamentale nelle circostanze in cui la menzogna viene diffusa dal potere ( in senso lato intendiamo i governi ) con modalità sistematiche e totalizzanti tanto da divenire narrativa ufficiale  accettata su larga scala dalla maggioranza.

“ L’ostacolo più prominente alla scoperta della verità è l’idea che ne siamo già in possesso “

Voltaire

Alcuni tra noi tra noi credono che quella in atto sia una specie di apocalisse, di una letterale caduta dei veli e di una conseguente vista di ciò che eravamo impossibilitati a scorgere prima.

Altri investono in una visione messianica dell’intera cosa e si sentono assegnatari di un mandato trascendentale da parte delle forze del “ bene ” in un progressivo e collettivo movimento verso la verità assoluta. Per costoro la fase in atto offre l’opportunità per  una missione personale e motivo cosmico per cui si trovano a viverla in prima persona.

Qualunque siano i vissuti personali e la percezione di ciò che sta accadendo ci troviamo comunque tutti qui ed ora a spendere il nostro tempo di vita per sconfiggere la tirannia, oppure per soccombere ai suoi spietati diktat.

Per semplificare, diciamo  che l’eventuale ritorno alla vita di prima era – o lo è ancora – il nostro Piano A.

Vorrei presentare una ipotesi di Piano B nello scritto che segue.

Network Cellule di Libertà.

Freedom Cell Network, similmente ad una società fondata sul mutuo appoggio per il beneficio di tutti i partecipanti, è una rete di individui che condividono una comune comprensione su quali sono i requisiti per costruire e prosperare in una società libera.

La finalità è quella di lavorare insieme per realizzare tale progetto facendo focus sulle soluzioni possibili piuttosto che sulla, talvolta gratuita, definizione dei problemi.

Al momento in cui scrivo almeno 30000 persone sparse nel globo stanno lavorando e sviluppando all’interno di comunità di vita fondate su queste premesse, gruppi di uomini e donne liberamente costituiti in un distretto, un vicinato,  in un quartiere, in una città o metropoli, in un villaggio o paese, in una realtà non urbana.

“ Non riuscirai mai a modificare l’esistente combattendone le forze, ma costruendo un nuovo modello organizzativo che rende quello esistente obsoleto “

R. Buckminster Fuller

Il principio catalizzatore in Freedom Cell è quello della decentralizzazione del modello organizzativo, la persona umana e le sue aspirazioni alla base delle decisioni e delle risoluzioni, senza appoggiarsi alla costituzione di una maggioranza o di una minoranza interne ai gruppi. 

L’obiettivo è quello di restituire potere decisionale all’individuo affermandone quindi sovranità personale , autonomia delle scelte e rispetto di se in una dimensione di libertà, solidarietà e condivisione di intento.

In questa cornice le forze avverse alla realizzazione di un progetto di vita in autonomia dalle istituzioni divengono inefficaci, la forza di un gruppo di soggetti consapevoli e uniti è superiore alla forza dello stato e al suo esercizio monopolistico di violenza ( psicologica e fisica ).

5 passaggi per l’attuazione di un Piano B

1.

Smettiamola di pensare in termini di “normalità” – il modo di vivere che era non tornerà, i potentati globalisti non lo consentiranno. Una volta accettato questo potremo dedicare la nostra attenzione alle soluzioni.

2.

Siamo pro-attivi – se siamo convinti interamente che mai ci lasceremo iniettare il siero genoma-modificante ( che NON è un vaccino ) dobbiamo cominciare a pensare COME ci prenderemo cura di noi stessi e dei nostri cari.

3.

Guardiamoci intorno – cominciamo a posare le basi per la costruzione di una comunità, di un piccolo gruppo di persone in comunione di intenti; se per realizzare questa condizione di maggiore prossimità, occorre spostarsi in una altra zona geografica, ebbene cominciamo da subito a creare le condizioni perché ciò avvenga.

4.

Troviamo/ritroviamo noi stessi – questa impresa non si svolge soltanto nel dominio fisico e materiale. 

Rallentiamo il “treno” dei pensieri, spesso negativi, fermiamoci se questo fosse necessario.

Ascoltiamo ciò che accade dentro di noi, la nostra coscienza, definiamo con accuratezza che cosa è che stiamo combattendo, quali le nostre motivazioni muovendoci dalla dimensione spirituale verso quella più contingente.

5.

Impegniamoci con il corpo e con la mente a fare tutto ciò che sarà necessario per proteggere noi stessi e le persone che amiamo.

Impegniamoci a considerare decisioni che potrebbero condurci fuori dalla nostra zona di comfort materiale.

Focalizziamo sugli obiettivi a lungo termine senza perdere di vista quelli più immediati.

Piccolo è bello

Non occorrono rivoluzioni, non serve convertire le masse a nuovi credo politici o spirituali. non è necessaria la creazione di un movimento popolare, queste sono illusioni legate al rafforzamento di gerarchie e di schemi antichi che non hanno mai promosso gli interessi autentici della persona umana, illusioni diffuse dalle elite di potere e propagate dalle forze occulte, le conseguenze delle quali dinamiche riempiono tristemente i testi di storia.

Il culto della centralizzazione e del discorso politico operata dal potere è solo funzionale alla creazione di caste, di ceti sociali, di albi professionali, di classi e di gerarchie.

L’identificazione e validazione ideologica di tali culti impongono sempre la divisione, la perdita della libertà, l’offuscamento della nostra vera identità e la negazione dei diritti naturali che possediamo dal momento in cui vediamo vediamo la luce di questo mondo.

Ogni persona è portatrice di competenze e di talento naturale nell’esercizio delle più diverse abilità intellettuali, artistiche e tecniche, attività primarie quali l’orticoltura, la costruzione e manutenzione di impianti elettrici, murari e idraulici, il pronto soccorso e la cura della persona, la medicina naturale, l’alfabetizzazione informatica, l’accesso alle nuove tecnologie, nozioni specifiche su economia, sistema monetario e digitalizzazione degli scambi monetari su piattaforme criptate, la scuola parentale, la preparazione dei cibi per citarne solo alcune, abbiamo tutti qualità ed esperienza da condividere e da contribuire, freedom cell si basa sulla libera adesione e sul comune intento dei partecipanti al successo di tale cultura..

Quando la Cellula cresce sopra al numero ideale di partecipanti al progetto si potrà concordare una scissione per andare a costituirne un’altra. 

La forza di ogni singola cellula è quella costituita dalla facoltà di fare rete, di collaborare e lavorare in concorso con altre cellule ad un determinato progetto, di rimanere distinte e di preservare le  funzionalità acquisite garantendo così con resilienza gli equilibri interni maturati.

Tutte le decisioni prese all’interno della cellula vengono condivise e accettata in base alla sintesi dei  valori  etici fondanti e comunemente accettati.

Per informazioni maggiormente dettagliate, sui dati e sulle esperienze esistenti ecco alcuni link ( Inglese ):

Introducing The Freedom Cell Network!

https://everything-voluntary.com/freedom-cells-networks-free-society

How the Freedom Cell Network Can Help You to Find Freedom in an Unfree World

The Greater Reset

Per iscriversi al portale di ricerca  di Freedom Cell Network e per connettersi/riconoscersi nel mondo:

https://freedomcells.org/members/

La scienza della Legge Naturale ( Mark Passio):
https://whatonearthishappening.com/

La Legge Naturale, Mark Passio ( ITA )

Cio’ che stiamo vedendo oggi

Ciò che stiamo osservando oggi è il risultato di decenni di condizionamento sociale centrato su di un processo di normalizzazione delle dipendenze, dell’ accettazione passiva ed esecuzione di ordini, dell’adozione di un pensiero unico dominante e di branco.

Gli esseri umani fanno ciò che viene percepito come sicuro e non ciò che detiene un valore morale, etico o governato dalla logica. I moderni tecnocrati, gli esperti, sono consapevoli di questo da sempre.

Generalmente assumiamo che il mondo stia divenendo, di anno in anno un posto migliore.

Ma se ci fermiamo a valutare le nostre libertà individuali, la conclusione è che l’opposto corrisponde al vero.

La maggioranza degli studi eseguiti in materia e, sopratutto, la nostra esperienza soggettiva ci dicono che l’umanità è meno libera oggi di quanto non lo sia stata anni fa.

20 anni fa avevamo accesso ad una Internet decentralizzata e, relativamente, almeno nei paesi occidentali, godevamo di un accesso senza particolari costrizioni al sistema economico e finanziario.

Oggi Apple e Google esercitano una censura senza precedenti sull’informazione e sulle applicazioni che operano sui nostri dispositivi, mentre Visa e Mastercard pongono limite all’acquisto di beni e alla fruizione di servizi.

Ogni anno cediamo potere e controllo sulla nostra vita ad un manipolo di funzionari esecutivi, non eletti da nessuno, i quali fanno capo a corporazioni globali che non hanno a cuore il nostro diretto interesse.

La maggioranza di noi si porta sempre appresso dispositivi in grado di tracciarne i movimenti, gli amati “telefonini”, rendendo così possibile alle suddette corporazioni di fare uso dei nostri dati personali e di bombardarci di contenuti di intrattenimento la quale funzione primaria è quella di mantenerci distratti e apatici.

Al contrario di 20 anni fa, siamo oggi circondati da telecamere e dispositivi di rilevamento biometrico i quali, in paesi come la Cina, convergono i dati raccolti verso nodi A.I. – Intelligenza Artificiale – al fine che nessuno riesca a sottrarsi al sistema di controllo in atto.

Nel 2017, la Cina ha superato l’economia degli Stati Uniti in termini di potere di acquisto affermando con vigore al resto del mondo che le libertà individuali non sono più necessarie allo sviluppo economico.

Oggi stiamo assistendo ad un attacco sistematico ai diritti umani più elementari e alla libertà di parola, di movimento e di associazione spontanea su scala globale.

In questo scenario apocalittico e oscurantistico verrà qualcuno a salvarci?

Sembra che le menti più attive e creative della presente generazione – quelli che una volta si potevano definire “intellettuali” – siano occupate a propagare un modello di impresa nebbiosa, i quali margini appaiono sempre più erosi da divieti e da normative imposte proprio dalle corporazioni di cui sopra.

Al massimo, questi attori non protagonisti, producono contenuti digitali adatti a mantenere lo status quo, vale a dire, tutti gli altri “connessi” senza sosta ai loro dispositivi elettronici.

Tutti gli altri sembrano davvero troppo assorbiti, forse meglio dire assopiti, dall’abbondanza di contenuti di intrattenimento spazzatura disponibili ” in Rete ” per dedicare un briciolo di attenzione critica a ciò che sta accadendo e, conseguentemente, a divenire consapevoli dello sfacelo e delle macerie esistenziali generate.

Nell’atto quotidiano di osservare tutto ciò viene da chiedersi che tipo di eredità la presente generazione lascerà a coloro i quali solcheranno questa terra in un prossimo avvenire.

Se mai un riscontro veritiero venisse ad emergere dai libri di storia sulle dinamiche e sulle tensioni sociali e politiche dei nostri tempi, questa generazione di esseri umani verrebbe presentata come quella che ha ceduto ogni possibilità di vivere comunitariamente in relativa libertà per un progetto distopico e autoritario che assomiglia più ad un orrendo incubo che ad una impresa umana.

O forse, sempre in un ipotetico, equilibrato e veridico riscontro storico, verremo ricordati come quelli che hanno difeso quelle libertà che le generazioni precedenti avevano tanto combattuto per vederne affermati i tratti essenziali?

La Paura il Virus, l’Amore il suo Antagonista.

Nel Dicembre del 1917 l’Europa era immersa nella prima guerra mondiale, una delle più insane vicende umane mai testimoniate. In seguito alla scoperta dell’altissimo numero di vittime e della natura orrenda dei combattimenti in trincea, i quali includevano l’utilizzo di gas venefici, il primo ministro Inglese di allora, tale David Lloyd George trasmise, in un messaggio  privato a C.P. Scott del giornale Manchester Guardian il seguente testo:

“Se si sapesse la verità sulla guerra ebbene verrebbe interrotta domani. Ma , naturalmente la gente non sa e non può saperlo”

Eccoci qua, un secolo dopo quegli eventi, immersi di nuovo in una guerra di dimensioni globali,  ma questa guerra, la quale al netto, viene “venduta” quale una  battaglia per “ contrastare la diffusione di un Coronavirus”, in verità e’ una guerra ideata dal potere per rimuovere gli ultimi brandelli  di principi propri alle comunità umane, per rimuovere la LIBERTA’ e la capacità degli individui di poterne beneficiare. 

E proprio come in tutte le precedenti criminali imprese guerresche impresse nella memoria storica, la prima e la seconda guerra mondiale, quelle combattute in Corea e nel Vietnam, tutti i conflitti che le hanno seguite, ecco,   se la verità sulla guerra odierna venisse esposta, anche questa volgerebbe immediatamente ad una conclusione.

Le circostanze in cui le comunità umane perdono la libertà non sono quasi mai dovute ad un colpo di mano improvviso di un sovrano, di un odioso dittatore o di uno Stato che  alla luce del giorno impone nuove regole , piuttosto  accade perché in troppi si rivelano disposti a cederla volontariamente in cambio di protezione da una minaccia, che sia questa reale o immaginaria.

La “minaccia” viene tipicamente costruita dallo Stato ed è ideata per generare un tale vortice di paura nella testa dei sottoposti che essi stessi eserciteranno pressione sulla politica affinché si implementino misure adatte a fronteggiarla.

Succede solo raramente che la così detta società civile si accorga di reagire ad una minaccia del tutto orchestrata, che il grado di “protezione” messo a punto dalle autorità sia proporzionato e, crucialmente, che “la cura” offerta per risolvere la malattia non costituisca qualcosa di peggiore del male stesso che si intende combattere.

Tristemente non sembriamo riuscire a fare tesoro della memoria storica: una volta che lo Stato viene sollecitato dai cittadini a rispondere ad un pericolo collettivo, lo Stato eseguirà in modo drastico una serie di azioni le quali costituiranno una stretta sulle norme di convivenza e queste non verranno mai più rimosse.

Tutti i regimi dispotici originano da simili passaggi interattivi.

In questo momento le cronache mondiali ci narrano di un coronavirus, si tratta di una influenza stagionale come quelle  registrate in passato. Dalla lettura critica di queste cronache appare evidente che questo virus rappresenta un rischio concreto alla salute delle persone più anziane e a quella di coloro i quali soffrono di condizioni deficitarie organiche pregresse, in particolare in relazione al corredo delle loro difese immunitarie.

In tale scenario notiamo una latitanza da parte degli apparati di potere che si stanno misurando con la “ pandemia “ , si nota l’assenza di una garanzia  a che le contromisure restrittive draconiane applicate  da tutti i governi su scala mondiale con qualche eccezione, non siano esagerate  nelle conseguenze alla qualità della vita delle persone.

Cerchiamo di riassumere alcuni degli effetti di queste contromisure sulla popolazione:

  • Collasso delle economie locali con un conseguente impatto su quella globale
  • Riduzione allo stato di disoccupazione di milioni di persone, in particolare quelle ritenute “non essenziali”
  • Consegna di altrettante persone agli arresti domiciliari
  • Messa in bancarotta di innumerevoli imprese private rovinando per sempre quelle di più modeste dimensioni
  • Legittimazione di un esercito di individui ossessionati con il rispetto delle regole e alla bieca deriva della delazione
  • Instaurazione di un modello ubiquo di controllo sociale e di sorveglianza sul territorio mai visto prima
  • Incitamento alla stigmatizzazione e alla commistione di sanzioni e pene severe a tutti i trasgressori delle nuove regole
  • Imposizione di un disumanizzante distanziamento fisico e promozione di un buffonesco codice estetico ( mascherine, guanti ecc. )
  • Aumento degli episodi di  insofferenza e di violenza familiare a tutti I livelli inclusi trauma e stress da questi generati
  • Aggravamento del carico in termini di debito sulle spalle delle nuove generazioni di contribuenti
  • Degenerazione  nell’incidenza di disagio psichico, povertà cronica, ignoranza, marginalizzazione sociale, suicidi e destituzione sociale.

 

Insieme a tutti coloro che non dispongono di piattaforme o comunità di riferimento capaci di ingaggiare in modo libero in una interazione non “viziata” ( unbiased ) dalle dinamiche votate al dominio su scala mondiale, oltre che al numero crescente di professionisti medici onesti, alle schiere di giornalisti freelance, agli intellettuali indipendenti così come ai creatori di contenuti mediatici esterni al mainstream, stiamo osservando, con  crescente allarme e incredulità  la degenerazione dilagante e irrazionale del “discorso” pubblico.

E’ sufficiente un pò di tempo libero ed una familiarità minima con la lingua Inglese –  eccezioni note a chi scrive, in lingua Italiana  su ByoBlue o su RadioRadio comunque –   per rendersi conto che in Rete esistono arene  alternative al pensiero unico dominante dove dibattere,  confrontarsi e INFORMARSI sulla situazione per riuscire a dare un senso a ciò che DAVVERO sta accadendo.

I dati e coloro ai quali viene affidato il compito di raccoglierli e di elaborarli, non risultano quasi mai ne’ convincenti ne’ trasparenti. Ogni giorno qualcuno tra i commentatori istituzionali accreditati e tra i vari portavoce di questa e quella amministrazione o agenzia si esprime in termini contraddittori o con toni polemici verso i colleghi, si assiste ad un  patetico teatrino e ad inutili diatribe le quali non fanno che aggravare il senso di smarrimento e la confusione.

Covid19 è oramai divenuta l’unica causa di morte presunta di tutti quelli che, per un motivo o per un altro, come e’ sempre stato, perdono la vita e, a forza di ripeterlo, e’ diventata  sacrosanta innegabile verità.

Cerchiamo di riassumerne altre di INNEGABILI verità, espresse a dispetto dei dispositivi di censura  e di omologazione alla narrativa ufficiale in atto:

Soltanto un numero modesto – il 22% – tra coloro i quali entrano a contatto con la malattia muoiono di Covid19 e i numeri non appaiono dissimili in magnitudine a quelli registrati negli anni passati e imputabili ai vari ceppi di influenza stagionale.

La devastazione economica e sociale risultante dal lockdown imposto dalle autorità sta causando più vittime e miseria umana di quanto non sia stata causata dal “virus”.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità, organo delle Nazioni Unite con sede a Geneva, alla quale è stata attribuita la massima, imparziale autorevolezza dai governi mondiali nell’esposizione dei fatti e nella formulazione delle raccomandazioni scientifiche da seguire, è nota per la sua corruzione e corruttibilità

Questa agenzia si sta dimostrando inattendibile nella disseminazione di informazione veritiera. Davvero in pochi conoscono effettivamente chi e attraverso quali accordi  l’O.M.S.  ( World Health Organization ) viene finanziata, ma solo perché non se ne può parlare liberamente

Ecco alcuni dati ( fonte : Global Research )

In seno a questa  organizzazione è attivo un comitato chiamato S.A.G.E. ( Scientific Advisory Group of Experts ), questa squadra di tecnici dominata da individui che ricevono ingente  sostegno finanziario direttamente dalle grandi case produttrici di vaccini, dalla fondazione Bill & Melinda Gates e dalla Wellcome Trust, una delle più potenti case farmaceutiche.

Almeno 8 dei 15 membri del S.A.G.E. tra i quali figurano i coniugi Gates, hanno decisi interessi personali e aziendali in conflitto con la missione dell’ organizzazione globale che fa loro da ombrello, una organizzazione che sulla carta dovrebbe operare a beneficio della popolazione mondiale e’ sotto la diretta influenza di gruppi come GAVI, una partnership conosciuta  come Vaccine Alliance ( di proprietà di … Bill Gates ), della Merck & Co. MSD (  la piu’ grande multinazionale farmaceutica del mondo ), del BMGF  ( Global Health Scientific Advisory Committee ) un gruppo di esperti multidisclinare esterno alla Vaccine Alliance e, ancora, della Pftizer ( una delle piu’ grandi corporazioni dedite alla produzione di farmaci con sede a New York ), della NOVOVAX  con sede in Maryland ( azienda attiva nella ricerca biomedica e nella produzione di vaccini ) direttamente finanziata da Bill Gates e poi, la GSK ovvero la GlaxoSmithKline ( gigante farmaceutico Britannico ), la NOVARTIS ( multinazionale Svizzera del farmaco con sede a Basilea ), la GILEAD ( una compagnia dedita alla ricerca in campo biofarmaceutico per la sperimentazione di sistemi di cura innovativi – principalmente … FARMACI) e la lista potrebbe continuare.

In breve e in senso peggiorativo le entità menzionate compongono il cartello BIG PHARMA, vale a dire l’industria dei farmaci, un agglomerato tecnico finanziario il quale, si può’ legittimamente ritenere, non ha tra i suoi scopi né la salute mondiale né la lotta alle malattie, insomma, la salute pubblica è in mani sicure.

Un tempo sostenuta economicamente dalle nazioni e dagli stati mondiali, l’OMS dal 2017, opera principalmente in virtù delle “donazioni” di privati, di magnanimi filantropi quali appunto i coniugi Gates, i quali sono anche i fondatori del… Global Fund to fight AIDS (Fondo per la Lotta all’AIDS ma anche alla Malaria, alla Tubercolosi ecc ecc. ) una operazione finanziaria internazionale capace di fare leva a tutti i livelli dello scacchiere geo-politico e di condizionarne scelte e priorità. Solo nel 2017 i coniugi Gates hanno elargito 325 milioni di dollari all’OMS, secondi solo al governo degli Stati Uniti, contributori nella misura di 400 milioni di dollari. Ancora, nel 2018 i Gates sostenevano al 10 per cento l’intero bilancio di questa organizzazione.

Alla luce di questi dati non ci sorprendono le accuse che l’OMS stia taroccando i “numeri del contagio”. Alcune illustri università di fama mondiale non concedono più il loro accreditamento a quei dati.

Non è possibile conoscere la verità sui “positivi”, sui “falsi positivi” e sul numero effettivo dei morti ma, nonostante questo, con la finalità di proseguire con la cancellazione dei diritti civili e costituzionali dei popoli, questi nuovi padroni del vapore hanno imposto un monopolio sull’informazione e sulla narrativa ufficiale che viene diffusa incessantemente giorno dopo giorno da tutti i canali istituzionali.

Se non vigesse una censura ferrea sui contenuti mediatici e se i riscontri reali divenissero di dominio pubblico ( le immagini degli ospedali semi vuoti ad esempio ), se venisse rivelata la bassa mortalità associata al “ virus “ ecco che verrebbe a mancare il fattore primario alla continuazione della “guerra” : la PAURA.

A cascata, se venisse a mancare la paura, verrebbe meno l’accettazione delle norme restrittive da parte delle popolazioni e la fiducia che queste investono nei buoni propositi dei loro governanti eletti.

Tutto quel che non costituisce valore nutritivo alla narrativa ufficiale fasulla propagata dai media mainstream e  dagli editti liberticidi della politica viene marchiata come FAKE NEWS

Il mondo appare completamente ingolfato in una sorta di isteria di massa.

Covid19 piuttosto che una Pandemia è in verità una PLANdemia, nel senso che  e’ stata deliberatamente pianificata ed eseguita

Il copione, come noto a coloro i quali, dissociatisi dal coro consensuale e dal conseguente lavaggio del cervello propinato alle masse, ricalca  un progetto specifico: Event 201.

EVENT 201

è il nome assegnato all’esercitazione che si concluse a poche settimane dal “ primo caso “ registrato di Coronavirus, nell’ottobre 2019, nella regione cinese di Wuhan.

Event 201, sponsorizzato dai coniugi Gates, dalla John Hopkins University ( la fonte e principale garante dei dati forniti ai media sulla pandemia ), dal World Economic Forum (  una  NGO o associazione non governativa, una specie di consorzio degli industriali mondiale basato a Geneva in Svizzera e attivo dal 1971 ) attraverso la pratica del “ computer modelling” o meglio, della simulazione al computer di un catalogo di scenari drammatici SULLA SCIA di una pandemia di dimensioni dantesche, attraverso un processo di verifiche, di discussioni facilitate e per via della messa a confronto dei dilemmi, delle ipotetiche risposte operative e della distruzione causata, offre una plausibile mappa, degli  scenari possibili da tenere in considerazione e dei rimedi in caso che questa ( pandemia ) si scatenasse davvero ( come e’ poi accaduto o sarebbe meglio dire fatto accadere ).

Questa quindi la cornice nella quale è stato somministrato il fenomeno Covid19, la versione “reale” della “simulata” in Event 201.

C’e’ da notare che in Event 201 solo il 10% dell’intera operazione fu devota al ” come aiutare le persone infette” da coronavirus.

La preoccupazione primaria degli ideatori e dei partecipanti al  progetto si focalizzava sulla disseminazione ” corretta ” dell’informazione e  sulla facoltà, da parte delle autorità, di riuscire mantenere la presa sulle statistiche, appunto, sulla narrativa generale dell’intera cosa, sugli esiti desiderabili e, in particolare, sulle modalità attraverso le quali le autorità stesse potessero intessere le loro trame, in complicità con i maggiori attori della Rete, i Facebook, i Google, i Twitter e la Silicone Valley tutta.

Mettere a tacere qualsiasi fonte   di informazione non allineata  alla versione ufficiale che potenzialmente ne potrebbe minacciare  la credibilità tra le finalità principali di Event 201.

Altri  influenti attori economici, come la Johnson & Johnson  ( una delle multinazionali Americane più altamente quotate in Borsa e produttrice di dispositivi e presidi medici ) furono coinvolte nel progetto, l’ipotesi, quella di un suo inserimento risolutorio nella “ crisi “  con l’introduzione di un vaccino, ad esempio….

Suona familiare?

Insomma questi gli ingredienti:

Instaurazione e mantenimento di un clima di paura instillato dai media nella popolazione attraverso un incessante bombardamento di notizie dai contenuti pilotati suggestivi e apocalittici; 

Introduzione di misure di emergenza da parte degli statie dei suoi apparati repressivi;

Medicalizzazione della società fino ad arrivare all’implementazione  di programmi obbligatori di  cure sanitarie e inoculazioni; 

Sospensione – dapprima temporanea – delle carte e dei principi che sanciscono le libertà civili, inclusa la Costituzione; 

Annientamento degli avversari alla narrativa ufficiale tacciati come cospirazionisti, negazionisti, divulgatori di Fake News, folli e censurati, criminalizzati, vilificati, confinati di conseguenza; 

Disabilitazione della capacità da parte delle persone di generare reddito in maniera autonoma, di entrare in contatto gli uni con gli altri, di associarsi e di “ assembrare “;  

Imposizione del regime di quarantena di Lock Down  ad ondate, somministrati via decreto ai cittadini e all’economia residua fino all’ottenimento  del grado di disfacimento desiderato;

Applicazione su vasta scale di un sistema di sorveglianza e di identificazione ( attraverso la lettura dei dati biometrici ) reso possibile delle tecnologie più avanzate a che le nuove norme vengano rispettate;

Consolidamento della rete 5G, nelle sue infrastrutture a terra e nelle unità satellitari in orbita – ne sono previste almeno 43000 per coprire l’intera superficie terrestre.
5G quale sistema essenziale per la creazione di una società fisica interamente interfacciata e ottimizzata da Intelligenza Artificiale e algoritmi
, anche nota come INTERNET DELLE COSE;

Completamento dell’agenda relativa alla digitalizzazione dei saperi e del “tutto” umano fino ad arrivare alla fusione con le macchine, le quali sapranno essere capaci di una mimica del tutto simile alla nostra ed avranno accesso ad una intelligenza “superiore” alla nostra ( Strong A.I. ).

IL MONDO NUOVO

Insomma questa “nuova normalità”  così abnorme e mostruosamente oppressiva, così aberrante e distopica diverrà la regola e tutto in nome della nostra salute….il nuovo ordine mondiale finalmente manifesto.

Il mondo, ci martellano con questo mantra, non potrà tornare come era – e non era un granché – semplicemente perché le persone credono a tutto ciò’ che gli viene raccontato in televisione, a tutto ciò’ che viene scritto sui giornali e perché cedono all’influenza sottile dei Social.

La nuova normalità avrà un carattere monolitico dove l’unica “parola verità” sarà quella intonata dal governo tecnocratico e centralizzato, composto da esperti e da scienziati,  la nuova normalità verrà inculcata alle nuove generazioni in famiglia, in parrocchia e a scuola.

Squadre di esperti organizzati in task force, in formato troika, i soggetti operativi nelle quali, a livello decisionale, sostituiranno il sistema di creazione del consenso e pace sociale che apparteneva ad organizzazioni ( quasi del tutto e indiscutibilmente non rappresentative gli interessi e il bene comuni ) quali erano i partiti politici, i sindacati, le associazioni di categoria, le altre strutture organizzate.

Sembra un romanzo dell’orrore, ma purtroppo questi scenari ci accadono intorno e noi tutti ne siamo gli artefici più o meno consapevoli.

Cosa fare per ribaltare la situazione?

Basta acquiescenza.

Basta uniformazione alle idee dominanti.

Basta conformismo ideologico.

Basta settarismo religioso ( incluso quello scientifico ).

Occorre tornare, se  lo fossimo mai stati, protagonisti della nostra vita al meglio delle nostre possibilità il quale intento, in un mondo governato dal Determinismo, già prima della “ pandemia” – la quale chi scrive afferma con forza e senza timori che NON ESISTE – ci concedeva solo raramente il lusso di sottrarci al tritacarne di un’esistenza consapevolmente  priva di un fine razionale apprezzabile.

Solo l’amore può “salvarci”, nella misura in cui esso può alleggerirci del carico di sofferenza che ci pervade e, no… non il “sussurrarsi ti amo degli amanti”  e nemmeno  il “giurarci fedeltà eterna per via di una convenzione”, ma l’amore come sentimento universale che anima e che abilita l’atto di sentire l’altro/l’altra; l’amore che se  lasciato fare il proprio corso, consente agli individui di arrendersi  alle proprie vulnerabilità e di accettare con atteggiamento non giudicante quelle esibite dagli altri; l’amore che induce e  conduce lo sguardo animale, il nostro sguardo, DENTRO, l’amore insieme come componente  e contenitore del tutto.

Come sosteneva il naturalista Jakob von Uexkull ” … ogni essere vivente, ogni soggetto di una vita, è dotato nella misura della sua soggettività, di costruire il mondo in cui vive, la sua Umwelt …”

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Thanks to 21st Century Wire

Max respect to each and everyone of the free, creative, critical thinkers whose ideas and energy make the world still a worthwhile place to inhabit.

Appreciation and gratitude to Rafferoico for his Art.

 

il giorno dopo

Nel momento in cui stava per entrare nella fase terminale della sua malattia, l’attore comico Bob Monkhouse usava scherzare sulla sua condizione e su quanto questa, nelle circostanze, lo ponesse di fronte al fatto che la peggiore parte nel processo di morire fosse quello relativo alla certezza che, il giorno successivo all’evento, egli si sarebbe trovato in uno stato estremo di rigidità.

Per quale motivo dovremmo drammatizzare un evento che, prima o poi, interesserà tutti noi.

Come sosteneva il filosofo Spinoza, non pensare affatto alla morte ma soltanto a vivere la vita costituirebbe  elemento di saggezza, evidentemente però la capacità di elaborazione della quale siamo dotati non ci consente un tale atteggiamento virtuoso. La pervasiva preoccupazione che prima o poi dovremo morire è universalmente diffusa ed ogni società umana offre rimedi per placare lo stato di ansia che tale attività evoca in noi.

Le religioni prospettano una sorta di vita dopo la vita terrena, mentre le più materialiste tra le fedi secolari e laiche suggeriscono, attraverso il concetto di continuità, la quasi certezza che la nostra vicenda esistenziale individuale si colloca funzionalmente alla  base di entità maggiormente  significative quali la nazione, i progetti politici condivisi, la specie umana, in un processo di evoluzione cosmica che nega la prospettiva  dolorosamente certa dell’oblio.

Nella nostra vita personale lottiamo per creare e per consolidare  una immagine fittizia di noi stessi da proiettare al mondo. Carriera e famiglia offrono l’illusione di prolungare il senso del se individuale oltre la tomba.

Gli atti di eroismo eccezionale, i primati stabiliti, le sfide nella pratica degli sport estremi assolvono il medesimo impulso. Lasciare un impronta tangibile del nostro passaggio ci fa sentire meglio in rispetto al fatto che, da morti, saremo presto  dimenticati.

In considerazione di questa premessa sembrerebbe che, nella sua essenza, l’impresa culturale umana costituisca un esercizio teso alla negazione della propria finitudine.

Nel suo libro Immortality: The Quest to Live Forever and How it Drives Civilization del 2012, l’autore Stephen Cave espone con modalità espressive meravigliosamente risuonanti lo sforzo di ricerca spasmodica di vita eterna messo in atto dagli esseri umani nella storia, così come, forse in maniera ancora più vivida riesce a fare Caitlin Doughty nel suo saggio Smoke gets in your Eyes and Other Lessons from the Crematorium del 2015; in suddetto volume l’autrice presenta ai lettori la sua esperienza di vita e di lavoro presso un’azienda di servizi funebri operante in California, evidenziando la misura con la quale le pratiche inerenti tale particolare servizio, siano messe in atto proprio per sottrarre alla nostra attenzione in rispetto all’evento della morte, rimuovendo i corpi dei defunti rapidamente ad esempio, oppure imbellettandone le spoglie tanto da restituire loro un aspetto accettabile ai vivi.

Entrambi questi due testi citati citano, nei vari passaggi, il lavoro svolto dall’antropologo Ernest Becker.

Nel suo libro The Denial of Death del 1973, egli suggerisce che la tenuta a debita distanza dalla morte nella cultura umana assolva il compito di mantenersi saldi al volano della civilizzazione. Tra le numerose imprese umane che conosciamo, sia quelle più apprezzabili che quelle più tragiche e criminali, l’elemento comune è invariabilmente quello legato, appunto, alla giusta distanza tra l’essere vivi e carne del mondo e il non esserlo affatto.

Ma il lavoro di ricerca di Ernest Becker e’ stato anche fonte di ispirazione per un altro testo importantissimo su questo tema: The Worm at the Core opera di tre psicologi Americani, Sheldon Solomon, Jeff Greenberg e Tom Pyszczynski tra le quali pagine essi riportano quanto segue:

“… in un grigio pomeriggio di Dicembre del 1973 il filosofo Sam Keen, contributore della rivista Psychology Today, si recò all’ospedale di Burnaby, British Columbia, per intervistare un paziente ricoverato presso la strutture, nel reparto terminali di oncologia, al quale non erano rimasti che pochissimi giorni di vita. Non appena entrato nella stanza che accoglieva quest’uomo egli , con un tocco di rara ironia, considerate tali circostanze, disse lui “ … mi becchi proprio in extremis! Questo e’ il test finale che avvalorerà tutto il  lavoro di ricerca da me svolto negli anni sull’evento della morte nella vita delle persone…. ecco, avroò certamente, e molto presto, la possibilità di mostrare come muore un uomo!”

L’uomo in fin di vita altri non era che Ernest Becker.

Parlando con Keen, Becker ebbe modo di tirare le somme sulle sue teorie le quali, ancora oggi, sono oggetto di discussione e di ulteriore sviluppo: 

Costruiamo caratteri e cultura allo scopo di schermarci dalla devastante certezza della nostra morte e di quanto siamo in una posizione di assoluta impossibilità di evitarla.

Quella di Becker non può essere definita una carriera facile.

Nato nel 1924, diciottenne si arruola in fanteria e serve in Europa in un battaglione dell’esercito che libererà dai Nazisti un noto campo di sterminio. Dopo un periodo di impiego presso il Dipartimento di Stato all’Ambasciata Americana a Parigi, decide di intraprendere gli studi di antropologia facendo ingresso nel circuito accademico. Si muove tra diverse difficoltà da un’università all’altra, sempre amato dai propri studenti, i quali ad un certo momento nelle vicissitudini del docente, si offrono di pagare personalmente il salario di Becker per consentire lui di rimanere all’università Californiana di Berkeley. Di contrasto, mai particolarmente apprezzato dai colleghi. Nel 1974 al suo The Denial of Death viene riconosciuto il Premio Pulitzer, ma soltanto dopo due anni dalla morte dell’autore avvenuta nel Marzo dello stesso anno.

Solomon, Greenberg e Pyszczynski vennero a conosenza del lavoro di Becker all’inizio degli anni ottanta: “… per noi fu una rivelazione… Becker ci spiega come il terrore della morte guida la specie umana in ogni suo atteggiamento … “ – Colmi di entusiasmo i tre giovani psicologi tentarono di condividere le idee di Becker ad un evento che si tenne presso la sede Society for Experimental Psychology. In quell’occasione la audience si diradò non fu chiaro che la loro presentazione era influenzata da psicoanalisi e filosofia esistenziale, come si cominciò a menzionare Marx, Kierkegaard, Freud e lo stesso Becker i più affermato tra gli psicologi presento cominciarono ad avvicendarsi verso l’uscita. successivamente i tre presentarono il loro lavoro ad una pubblicazione accademica soltanto per ricevere, alcuni mesi dopo, un riscontro da parte loro dove si legge “… non c’è alcun dubbio da parte di chi scrive che il vostro lavoro non sarebbe di alcun interesse ai ricercatori  che fanno capo a questa comunità scientifica …”.

Di certo Becker non si sarebbe meravigliato di tale accoglienza.

Con caparbietà i tre continuarono per i seguenti 25 anni a svolgere il proprio lavoro di ricerca e a testare le idee risultanti da esso.

La fusione in un unicum del  pensiero esistenziale con pratiche e risultati empirici in ambito delle scienze sociali, i tre sostenevano, genera una serie di comportamenti umani stereotipati: disturbi di tipo ossessivo compulsivo, l’ansiosa rincorsa alla ricerca di piaceri di tipo sessuale finalizzata al consolidamento di un maggiore senso di auto stima, fino ad atteggiamenti vessatori e violenti atti a minacciare l’integrità di coloro i quali tentano di diffondere idee ritenute non idonee allo status quo.

The worm at the Core rimane il testo maggiormente comprensivo e basato saldamente sull’idea che scacciare via la consapevolezza della nostra mortalità è fattore principale nello svolgersi della vicenda e della condizione umane.

In considerazione della iniziale reazione bigotta e della mancanza di coraggio esternate dalla comunità accademica di quegli anni, poter tornare a parlare oggi del lavoro svolto da questi ostinati ricercatori ha un importanza davvero rilevante.

Al tempo stesso e attraverso una sua lettura più critica The worm at the Core sembra soffrire di una certa negligenza nella maniera con cui si cerca di dare una spiegazione agli impulsi conflittuali che i suoi contenuti ispirano nel lettore. E’ comunque vero che la consapevolezza che  un giorno dovremo morire ci distanzia e ci diversifica, più di ogni altra cosa, da tutti gli altri animali.

E’ vero anche che, sottolineare che la paura di morire con la conseguente negazione della morte stessa rimane una delle forze piu’ potenti nella vita delle persone.

Ciò che sostanzia una lettura critica di quel testo, tanto quanto quelli che presentato le stesse idee, è il fatto, anch’esso innegabile, che molti esseri umani mantengono un atteggiamento ben diverso nei confronti della morte.

Non tutte le religioni possono venire definite come culti votati all’immortalità.

Il terrore della morte occupa universalmente uno spazio connotato da  preoccupazione e timore e il tentativo di sottrarvisi possono venire rilevati in molte diverse culture e tradizioni, inclusa l’alchimia Cinese, ma il desiderio di vivere in eterno appare in maggiore misura tra le società i cui valori si rifanno e sono plasmati  da fedi di tipo monoteistico, particolarmente in quella Cristiana. La credenza di una “vita dopo la vita” non appare centrale nella religione Giudaica ad esempio.

Nell’antica, politeista Grecia, si credeva che la mortalità degli umani rappresentasse motivo di invidia da parte degli Dei, la quale immortalità veniva rappresentata come una specie di dannazione, l’eternità una noia senza fine.

In diverse delle loro versioni sia il Buddismo che l’Induismo esprimono una ricerca della forma mortale, la promessa di una stasi nel ciclo di re-incarnazione, trasmigrazione e rinascita.

Per gli antichi poeti e per i filosofi del periodo pre-Cristiano in Europa, la morte non era assolutamente una così brutta cosa.

Lo stoico Seneca, vissuto tra il 4 prima di Cristo e l’anno 65 dopo Cristo, esortava i propri seguaci a non temere la morte e di organizzarsi intorno al progetto di porre fine alla loro esistenza laddove si ritenesse di avere di già assaporato i piaceri più fini della vita.

Ancora più radicale, il poeta Greco Theognis, attivo intorno al sesto secolo prima di Cristo, dichiarava che la cosa migliore sarebbe stata quella di no essere mai nati, persino Nietzsche riprese questa linea nel suo lavoro letterario di analisi sulla cultura Ellenica.

Nel suo poema Tess’s Lament, Thomas Hardy narra che l’eroina protagonista della storia avesse dato voce ad una simile raccomandazione … “ … non posso sopportare le obbligazioni della vita, annullerò la vita, azzererò la mia memoria … “ – il sentimento espresso dalla protagonista, Tess of the d’Urbervilles, usa il termine un-be, come dire, ancora più fortemente di “ cessare la mia vita “ si intende disfare la vita, o meglio, non venire al mondo.

La protagonista dipinta da Hardy illustra la potenza dell’intuizione di Freud sull’ambivalenza umana sia di determinare una estinzione completa della specie tanto quanto di ritrovare sempre le risorse per vivere ed andare avanti.

In The Black Mirror lautore Raymond Tallis, svolge tutti gli studi per maturare una competenza nel campo della medicina e dedica la sua professionale alla geriatria e alla filosofia. Nella parte iniziale di questo particolare e strano libro  egli scrive che essere filosofo “ …equivale ad essere un osservatore casuale ed il picco di massima osservazione garantito dall’evento del trapasso costituisce l’ultra ne plus di un dato punto di vista filosofico … volgere lo sguardo su ciò che e’ stato della tua vita dalla prospettiva virtuale di uno che gli è sopravvissuto …” – Il libro in questione ripropone implicitamente l’ingiunzione di Spinoza  menzionata all’inizio di questo breve trattato,  “… l’individuo davvero libero dovrebbe viversi  la vita senza pensare alla morte…  lo scopo di vivere da filosofi ci impone di morire da filosofi, vale a dire, di morire nei pensieri e nell’immaginazione prima di morire fisicamente …”.

Questa affermazione rappresenta un poco il paradosso centrale del testo in questione, se desideri vivere in accordo con dei principi filosofici ebbene, dovrai considerarti di già morto, ma fare ciò appare un opera impossibile, Tallis ammette, visto che quello che accade quando la vita volge al termine non ci è concepibile.

Come possiamo farci un’idea della non-esistenza?

Se siamo tormentati dal pensiero di morire, una delle cause di questo stato di sofferenza è certo quella della nostra impossibilità di immaginarci morti.

E’ davvero difficile credere che su questo versante la filosofia e i filosofi possano essere di alcun aiuto.

In The Black Mirror Tallis esplora la vita che sarà andata perduta dal momento che egli se ne sarà andato, in questo esercizio l’autore discute anche gli aspetti e gli stati emotivi relativi al lutto e di quanto, a volte, la sopportazione del dolore della morte di una persona a noi cara, superi lo stato di angoscia che ci si figura a fronte della nostra stessa morte, ma questo non costituisce una grossa parte del saggio.

E’ evidente che la principale preoccupazione dell’autore rimane la sua morte, per tutta la durata dello scritto egli si esprime in terza persona.

La prospettiva espressiva in terza persona non costituisce in questo caso un approccio stilistico di narrazione, ma piuttosto un tentativo di arroccamento su di un punto di osservazione esterno a se stesso che non si trasformi però in quello proprio di interamente un altro soggetto. Ma, a meno che non si creda all’esistenza di una mente superiore, divina, tale punto di osservazione non esiste.

Tallis è un ateo convinto, non uno di quegli atei militanti che predicano incessantemente dei mali delle religioni come Richard Dawkins, ma della varietà più rara e intelligente che trova la fede nell’esistenza di una entità divina cosa vuota e incoerente.

Ma se l’idea dell’esistenza di una qualche deità non ha alcun senso allora lo è altrettanto quella che il mondo possa venire osservato da qualcuno che è morto. Dopo tutto chi o cosa stà osservando cosa?

Tallis tenta di adottare questo assurdo punto di osservazione per via del suo desiderio di “ vivere filosoficamente”. L’esercizio di essersi immaginato morto, egli probabilmente spera, lo re introdurrà nel mondo sensiente arricchito di una qualche rinnovata energia.

The Black Mirror, ci dice l’autore “… è in ultima analisi, un lavoro di contemplazione e di gratitudine…” – verosimilmente il libro contiene diverse invocazioni alla bellezza inerente certi scenari naturali, alla brillantezza dei cieli … al semplice piacere di vivere la propria vita anche in un grigio e uggioso mercoledì pomeriggio.

Sostanzialmente però l’umore evocato dal testo ha tuttavia tinte malinconiche nell’accezione psicopatologica della definizione, appesantito dal rammarico che così tanta della vita perduta sia rimasta una esperienza non vissuta.

Giocare ad immaginarci già morti nel tentativo di restituire lustro alla nostra vita rischia di trasformarci in entità fantasmagoriche e, qualora ciò accadesse significherebbe che l’autore del libro ha fallito ad investire così tanta della sua fiducia nel discorso filosofico.

Come ogni buon razionalista di questo mondo ci si vuole far credere che gli impulsi dissonanti che caratterizzano i nostri vissuti possano venire riconciliati da taluni processi riflessivi.

La verità è che l’atteggiamento comune verso la mortalità si distingue intrinsecamente in quanto contraddittoria.

Siamo terrorizzati dalla morte ed è per questo motivo che tendiamo a costruire elaborate difese per mantenerla distante e inattuale mentre, al tempo stesso, ne siamo intrigati e persino attratti tale è la forza trasformativa ad essa attribuita.

Per concludere, non sembra ragionevole rivolgersi al discorso filosofico nella ricerca di un rimedio alla più tipica, nella sua essenza, tra le paure umane, meglio abbracciare una qualche religione oppure, meglio ancora, godersi con un buon quoziente di accettazione la breve e incerta vita di cui disponiamo.

In fin dei conti “ trovarsi in uno stato di estrema rigidità il giorno dopo “ non sarà la fine del mondo. 

Testo liberamente estratto e tradotto da un articolo del filosofo e autore e audace critico dell’Illuminismo John Gray Being stiff the Next Day appare nel volume Gray’s Anatomy, una selezione dei suoi scritti più polemici e controversi edito da Penguin Philosophy nel 2009 poi ristampato e aggiornato nel 2015

Babilonia dentro e Babilonia fuori

da Cronache Babilonesi

L’ultimo Messia
Peter Wessel Zapffe


I.

Una notte di un tempo remotissimo, un uomo si svegliò e vide se stesso. Vide che era nudo nell’immensità, senza patria nel suo stesso corpo. Tutte le cose si dissolvevano nel suo pensiero: meraviglia dopo meraviglia, orrore dopo orrore, tutto si svelava alla sua mente.
Anche la donna si svegliò e disse che era tempo di uccidere. Ed egli prese il suo arco e la freccia, frutto del connubio di spirito e mano e uscì sotto le stelle.
Mentre le bestie arrivavano presso la pozza d’acqua dove era solito aspettarle, egli non sentì più il balzo della tigre nel suo sangue, ma un grande salmo di fratellanza nel dolore tra tutti i viventi.
Quel giorno non fece ritorno con la preda e quando lo ritrovarono, la luna seguente, era seduto, morto, presso la pozza d’acqua.

II.

 Cos’era successo? Una breccia nella profonda unità della vita, un paradosso biologico, un abominio, un’esagerazione di portata disastrosa. La vita aveva superato il suo obiettivo, staccandosi via dal resto.
Una specie troppo pesantemente armata di uno spirito possente, era divenuta una minaccia per la propria salvezza. La sua arma era una spada senza elsa, una lama a doppio taglio che scinde ogni cosa: colui che la brandisce deve afferrare la spada e rivolgere il suo taglio contro di sé.
 Nonostante i suoi nuovi occhi, l’uomo era ancora radicato nella materia, la sua anima imbastita di essa e subordinata alle sue cieche leggi. Eppure egli poteva vedere la materia come estranea, comparare se stesso a tutti i fenomeni e sentire i propri processi vitali.
Egli torna alla natura come un ospite non invitato, invano stendendo le mani per implorare una riconciliazione con la propria fattrice: la natura non risponde più. Essa ha realizzato un miracolo con l’uomo ma non lo riconosce più. Egli ha perso diritto di residenza nell’universo, ha mangiato il frutto dell’Albero della Conoscenza ed è stato espulso dal Paradiso. Egli ha potere sul mondo ma lo maledice, avendolo preso in cambio dell’armonia della propria anima, della propria innocenza, dell’intima pace nelle braccia della vita.
 Così l’uomo rimane con le sue visioni, tradito dall’universo, tra stupore e paura.Anche le bestie conoscono la paura, nelle tempeste, nelle zanne del leone.
Ma l’uomo conosce la paura della vita stessa, perfino del suo stesso essere. 
La vita è per la bestia potenza, calore e gioco e lotta e rabbia e piegare il capo sotto la legge del più forte. Nelle bestie la paura è limitata al presente, nell’uomo diventa paura del mondo e disperazione.
Non appena il bambino compare sul fiume della vita, il ruggito della cascata della morte sale alto nella valle, sempre più vicino, a strappargli ogni gioia.
L’uomo appartiene alla terra, la quale respira come un grande polmone. Ogni volta che espira, la vita sgorga da tutti i suoi pori e si slancia verso il sole. Quando inspira, invece, un lamento di dissoluzione passa tra le moltitudini, e i corpi cadono a terra come grandine. 
Non solo il proprio destino l’uomo vede: i cimiteri si spalancano sotto il suo sguardo, le lamentazioni dei dissolti millenni salgono verso di lui da quelle orribili forme decomposte, i sogni delle madri tornati polvere. 
La cortina del futuro si solleva per rivelare un incubo di ripetizioni infinite, l’insensata dissipazione di materiale organico. La sofferenza di miliardi di umani fa il suo ingresso dentro di lui attraverso la porta della compassione; da tutto ciò che vede, sorge una risata che si burla di ogni richiesta di giustizia, di ogni principio ordinatore. Vede se stesso uscire dal grembo della madre, tende la sua mano nell’aria ed essa ha cinque diramazioni. 
Da dove viene questo diabolico numero cinque e che cosa ha a che fare con la mia anima?
Egli non è più ovvio per se stesso. Tocca il proprio corpo con assoluto orrore: questo sei tu e fin qui puoi estenderti e non oltre. 
Porto del cibo con me che ieri era un animale che poteva ancora correre per conto suo. 
Lo mastico e diventa parte di me: allora, dove finisco io e dove inizio?
Tutte le cose sono incatenate insieme in cause ed effetti e tutto ciò che cerca di afferrare si dissolve prima che il pensiero lo comprenda. Presto comincia a scorgere le meccaniche anche nel suo ambiente, nel sorriso della sua amata. Alla fine, le caratteristiche di ogni cosa sono le sue. Niente esiste senza di lui, tutte linee convergono verso di lui, il mondo non è altro che uno spettrale eco della sua voce. Salta in piedi urlando a squarciagola, vorrebbe vomitare se stesso sulla terra insieme al suo impuro pasto; sente incombere la pazzia e vorrebbe darsi la morte prima di perderne la capacità. 
Ma mentre soppesa l’imminente morte, ne afferra anche la natura e le cosmiche implicazioni. La sua immaginazione creativa costruisce nuove spaventose prospettive dietro la cortina della morte e vede che anche lì non c’è salvezza.
Adesso può discernere i contorni dei propri termini biologico – cosmici: egli è il prigioniero senza speranza dell’universo, destinato a prospettive ignote
Da quel momento è in uno stato di panico senza fine. 

Questo stato di “panico cosmico” è centrale in ogni mente umana. In effetti una razza appare destinata a perire nella misura in cui ogni preservamento e continuazione della vita è giocata sull’energia spesa dall’individuo per sopportare o differire un qualche tipo di catastrofica alta tensione.
 La tragedia di una specie divenuta inadatta alla vita per il sovrasviluppo di una caratteristica non è limitata all’umanità. Si pensa, ad esempio, che certi grandi cervi di tempi paleontologici, si siano estinti a causa dell’acquisizione di corna sovrasviluppate.Le mutazioni sono cieche, funzionano, si fortificano senza alcuna utilità per l’ambiente.
Negli stati depressivi la mente può essere vista come corna ramificate che in tutto il loro fantastico splendore, piegano il loro portatore fino a terra. 

III.

Perché allora l’umanità non si è da gran tempo estinta in grandi epidemie di pazzia? Perché solo un irrisorio numero di individui perisce a causa della loro incapacità di resistere al peso della vita: cioè la consapevolezza dà loro più di quello che possono  sopportare?
La storia culturale, come pure l’osservazione di noi stessi e degli altri consente la seguente risposta: la maggior parte delle persone impara a salvarsi limitando il contenuto della coscienza. 
Se il cervo gigante, a più riprese, avesse spezzato i rami più esterni delle sue corna, avrebbe potuto resistere un po’ di più, sia pure nella febbre e nel dolore costante e nel tradimento della sua precisa peculiarità, poiché egli era stato chiamato dalla mano della natura a essere il portatore di corna tra gli animali selvaggi. Quello che avrebbe guadagnato in continuità avrebbe perso in significato, in grandezza di vita. In altre parole avrebbe avuto una continuità senza significato: non una marcia verso l’affermazione, ma una via attraverso le rovine da lui stesso create, in una corsa autodistruttiva contro il sacro volere del sangue. 
L’identità di scopo e mortalità è, per il cervo gigante come pure per l’uomo, il tragico paradosso della vita. 
In una devota Bejahungl’ultimo Cervus Giganticus, porta il segno del suo lignaggio fino alla fine. 
L’essere umano salva se stesso e va avanti. Realizza, per usare un’estensione di un termine noto, una semi consapevole repressione del proprio dannoso surplus di coscienza. Questo processo è virtualmente costante nelle nostre ore di veglia: è una richiesta di adattabilità sociale e di tutto ciò che si può definire un salutare e normale modo di vivere. 
La psichiatria si basa sull’assunto che salute e vitalità siano la più alta espressione in termini personali. Depressione “paura della vita”, rifiuto del nutrimento e così via, sono invariabilmente prese come segni di uno stato patologico e curati di conseguenza.
Spesso, tuttavia, questi fenomeni sono messaggi di un più profondo, immediato senso della vita, amaro frutto di una genialità di pensiero e sentimento alla radice di tendenze anti biologiche. Non è l’anima a essere malata, piuttosto è la sua protezione che cade, oppure viene rifiutata perché esperita (correttamente) come un tradimento del più alto potenziale dell’ego.
L’insieme degli umani è, sia dentro che fuori, immerso in meccanismi repressivi, sociali e individuali. Se ne trova traccia nelle più trite formule della vita di ogni giorno. Sebbene assumano una vasta e molteplice varietà di forme, è possibile identificare quattro maggiori tipi di meccanismo, ovviamente ricorrenti in ogni possibile combinazione: isolamento, ancoraggio, distrazione e sublimazione.

Per isolamento si intende la rimozione totalmente arbitraria dalla coscienza di ogni tipo di pensiero inquietante e distruttivo.

Un perfetto e quasi brutale esempio si può trovare tra certi tipi di medico che per auto-protezione vedono solo l’aspetto tecnico della loro professione. Un atteggiamento che può scadere fino al teppismo, un misto di energumeno e studente di medicina, nel quale ogni sensibilità per il lato tragico della vita è sradicata con mezzi violenti (tipo giocare a calcio on le teste dei cadaveri e così via). 

Nella vita di tutti i giorni l’isolamento si manifesta in un codice generale di reciproco silenzio: prima di tutto verso i bambini perché non abbiano a temere la vita appena cominciata, ma conservino le loro illusioni fino a quando potranno affrontarne la perdita. In cambio i bambini non devono seccare gli adulti con qualunque riferimento a sesso, cesso e morte.Tra adulti ci sono le regole del “tatto”, un meccanismo ampiamente spiegato quando un uomo che piange forte per strada viene fatto allontanare con l’aiuto della polizia.

Il meccanismo dell’ancoraggio serve fin dalla prima infanzia: i genitori, la casa, la strada, si confanno automaticamente al bambino, dandogli un senso di sicurezza.

Questa sfera di esperienza è la prima, e forse la più felice, protezione contro il cosmo che mai conosceremo nella vita, un fatto che spiega senza dubbio anche il tanto discusso “legame infantile”: che sia anche un aspetto sessuale è irrilevante qui.Quando il bambino scopre più tardi che questi punti fissi sono arbitrari ed effimeri come qualunque altro, ha una crisi di confusione e ansietà, per cui prontamente va in cerca di un altro ancoraggio: “in autunno inizierò la scuola media”.
Se la sostituzione in qualche modo fallisce, allora la crisi può prendere un corso fatale oppure subentra ciò che io chiamo uno spasmo da ancoraggio: ci si aggrappa ai valori morti, nascondendo il più possibile a sé e agli altri il fatto che ormai non funzionano più, che si è spiritualmente insolventi. Il risultato è una permanente insicurezza, un senso di inferiorità, inquietudine. Nella misura in cui questo stato ricade in determinate categorie, il soggetto viene sottoposto a trattamento psicoanalitico il cui scopo è completare la transizione a nuovi ancoraggi.

L’ancoraggio può essere caratterizzato da una fissazione di alcuni punti interiori, o dalla costruzione di mura intorno al liquido vortice della coscienza. Sebbene normalmente questi punti siano inconsci, possono anche essere consci (tipo “perseguire uno scopo”).
Gli ancoraggi pubblicamente utili incontrano le simpatie di tutti, chi sacrifica se stesso totalmente per il suo ancoraggio (la società, la causa) è idolatrato. 
Ogni cultura è un grande, compiuto sistema di ancoraggi, costruito su fondamentali certezze, le idee culturali di base. La persona media è fatta di certezze collettive, la personalità si costruisce da sola, il carattere finisce di edificarsi, più o meno radicato su certezze collettive ereditate (Dio, la Chiesa, lo Stato, la morale, il fato, la legge della vita, il popolo, il futuro). Più un certo elemento portante è vicino alle principali certezze, più è pericoloso toccarlo. Qui una protezione diretta è normalmente stabilita da codici penali e minacce di persecuzione (inquisizione, censura, tutto l’approccio conservatore della vita).

La capacità portante di ciascun segmento sociale dipende dal non essere ancora stato visto nella sua natura fittizia, o che sia riconosciuto come necessario in ogni modo: come, ad esempio, l’educazione religiosa nelle scuole che anche gli atei sostengono, poiché sanno di non avere altro modo per portare i bambini a inserirsi socialmente.
Quando la gente realizza la falsità e la ridondanza dei segmenti, comincia a lottare per rimpiazzarli con dei nuovi (“Verità a durata limitata”): da qui scaturisce la lotta culturale e spirituale che, insieme alla competizione economica, forma il dinamico contenuto della storia mondiale.
La brama di beni materiali (potere), non è tanto dovuta ai piaceri della ricchezza, poiché nessuno può sedersi su più di una sedia o mangiare più di quanto lo sazi. Piuttosto, il valore  della ricchezza consiste nelle maggiori opportunità di ancoraggio e distrazione offerte al possidente.Sia per gli ancoraggi collettivi, sia per quelli individuali, succede che quando un segmento si spezza, c’è una crisi che è tanto più grave quanto più il segmento è vicino alle certezze principali. Dentro i cerchi più interni, lontano dai bastioni esterni, queste crisi sono ricorrenze giornaliere e non dolorose (i “disappunti”). Si può anche giocare con i valori di ancoraggio (spiritosaggini, gerghi, alcool). Ma durante questi giochi può capitare accidentalmente di toccare il reale e la scena si trasforma istantaneamente da euforica a macabra. La minaccia dell’essere ci fissa negli occhi e in un mortale soffio percepiamo come tutti siamo sull’orlo della follia e l’inferno occhieggia sotto di noi. 

Le certezze realmente fondanti raramente sono rimpiazzate senza grandi spasmi sociali e a rischio di una completa dissoluzione (riforme, rivoluzioni). Durante questi momenti, gli individui sono sempre più abbandonati ai propri sistemi di ancoraggio e il numero dei fallimenti tende a crescere. Depressioni, eccessi e suicidi sono il risultato (come gli ufficiali tedeschi dopo la guerra, gli studenti cinesi dopo la rivoluzione).Un altro difetto del sistema è che una sovrastruttura logica è costruita sopra ogni certezza, cui si ammassano infiniti modi di sentire e di pensare. Ciò porta nella nostra vita innumerevoli contraddizioni.

Così la disperazione può entrare attraverso le spaccature. In questi casi una persona può essere ossessionata da una gioia distruttiva, spazzando via l’intero apparato artificiale della sua vita con una sorta di orrore estatico. L’orrore proviene dalla perdita di tutti i valori – rifugio, l’estasi dalla sua improvvisa spietata identificazione e armonia con il più profondo segreto della nostra natura, la biologica imperfezione, la perdurante disposizione alla rovina.Amiamo i nostri ancoraggi perché ci proteggono, ma allo stesso tempo li odiamo, perché limitano il nostro senso di libertà. Quando ci sentiamo abbastanza forti, prendiamo piacere nel seppellire un vecchio valore. Gli oggetti materiali qui assumono una rilevanza simbolica (L’approccio radicale alla vita). 

Un modo di protezione molto popolare è la distrazione. Si limita la propria attenzione verso gli aspetti critici dell’esistenza, essendo costantemente trascinati dalle impressioni.

Questo atteggiamento è tipico anche nell’infanzia: senza distrazioni il bambino è insofferente a se stesso. “Mamma e adesso cosa faccio?”. Una piccola ragazza inglese in visita a una zia norvegese, entrò nella sua stanza dicendo: “Che succede adesso?” La tata improvvisò con virtuosismo: “Guarda, un cagnolino! Guarda, stanno dipingendo il palazzo!
Il fenomeno è così familiare da non richiedere altra dimostrazione.
La distrazione è, per esempio, la tattica di vita dell’alta società. Può essere paragonata a un aeroplano, fatto di metallo pesante, ma incorporante un principio che consente di sollevarsi da terra quando è applicato: deve essere sempre in movimento, poiché l’aria sostiene solo se si va veloci. Il pilota può anche essere assonnato e pigro per abitudine, ma la crisi diventa acuta nel momento in cui il motore perde colpi.
La tattica è spesso pienamente consapevole. La disperazione può scavare proprio sotto traccia e irrompere zampillando in un improvviso singhiozzare. Quando tutte le possibilità di distrazione sono state usate, la malinconia si insedia, spaziando da una lieve indifferenza a una fatale depressione. Le donne, in genere meno soggette agli eccessi della cognizione e quindi più sicure della loro vita che gli uomini, usano preferibilmente la distrazione. Gran parte del male di essere prigionieri sta nell’avere accesso negato alle maggiori possibilità di distrazione. Man mano che i modi per affrancarsi vengono meno, il prigioniero tenderà a trovarsi faccia a faccia con la disperazione. Solo l’istinto di conservazione lo trattiene dall’esito finale. Egli sperimenta la sua anima isolata dall’universo e non ha altro sentimento che la totale insopportabilità di quella condizione.

Puri esempi di panico vitale sono presumibilmente rari, poiché i meccanismi protettivi sono automatici, affinati e costanti. Ma la morte è ovunque intorno, la vita è scarsamente sostenibile e a prezzo di grandi sforzi. La morte appare sempre una via di fuga, se si ignora la possibilità di un aldilà. Poiché il modo in cui si percepisce la morte dipende parzialmente da sentimenti e prospettive personali, potrebbe essere una soluzione accettabile. Se in statu mortis si potesse recitare (un poema, un gesto, “morire a testa alta”), come ancoraggio finale o distrazione finale (la morte di Aase, nel Peer Gynt), allora tale fato non sarebbe dei peggiori.Quando un essere umano si toglie la vita in seguito a depressione, questa è una morte naturale per cause spirituali. La barbarie moderna di “salvare” il suicida è basata su un malinteso sulla natura dell’esistenza, tale da far rizzare i capelli. 

La persona “civile” richiede connessioni, linee, una progressione nei cambiamenti. Niente soddisfa alla lunga, bisogna sempre avanzare, acquisendo conoscenza, intraprendendo una carriera. Il fenomeno è conosciuto come “anelare” o “tendenza trascendentale”. Quando lo scopo è raggiunto il desiderio va avanti. Quindi l’oggetto del desiderio non è lo scopo, ma il semplice ottenimento di esso: è il gradiente, non l’altezza assoluta, nella curva rappresentante una vita. La promozione da soldato semplice a caporale può dare un’esperienza più gratificante che quella tra colonnello a generale. Qualsiasi pretesa di “ottimismo progressivo” è confutata da questa legge psicologica.L’umano anelare non è soltanto da “lottare verso”, ma anche un “fuggire da”: nessuno finora ha avuto ben chiaro che cosa si anela, ma tutti hanno sempre in mente ciò da cui si fugge, cioè questa valle di lacrime, la nostra insopportabile condizione. Se la consapevolezza di questa condizione è il più profondo strato dell’anima, allora è comprensibile che l’anelito religioso sia esperito come fondamentale. 

Il quarto rimedio contro il panico, la Sublimazione, è questione di trasformazione piuttosto che repressione.

Attraverso doti artistiche o stilistiche il dolore di vivere può essere a volte convertito in una esperienza di valore. Gli impulsi positivi trasformano il male secondo i propri fini, rivelandone i suoi pittoreschi, drammatici, eroici, lirici o anche comici aspetti.Senza il controllo della mente, questo rimedio è improbabile. (Lo scalatore non si gode la veduta dell’abisso mentre lotta contro le vertigini. Solo quando questo sentimento è più o meno superato, godrà della scalata – ancoraggio). Per scrivere una tragedia bisogna essersi per un certo verso, liberati (aver tradito) il profondo senso di tragedia e guardarlo da un esterno ed estetico, punto di vista. Qui c’è, a proposito, un’opportunità per i più selvaggi rondò attraverso sempre più alti livelli, fino al più imbarazzante circulus vitiosus. Qui si può dare la caccia al proprio ego attraverso innumerevoli modi di essere, godendosi la capacità dei vari livelli di coscienza di dissiparsi uno con l’altro.

Il presente saggio è un tipico tentativo di sublimazione. L’autore non soffre, sta riempiendo pagine per poter essere pubblicato su un giornale.

IV.

È possibile per le nature “primitive” rinunciare a questi intralci e capriole e vivere in armonia con se stessi nella serena benedizione di lavoro e amore?

Nella misura in cui essi possano essere considerati umani, io penso che la risposta debba essere no. L’affermazione più precisa che si possa fare su questi cosiddetti popoli “naturali”, è che essi sono in qualche modo più vicini al meraviglioso ideale biologico di noi gente “innaturale”. La nostra specie ha potuto superare ogni tempesta, proprio attraverso quelle parti della nostra natura che derivano dalla distribuzione dell’energia tra il corpo e l’anima e che per converso ci creano problemi. Le nostre sofferenze sono dovute a limitazioni sensoriali, fragilità corporea, come pure al bisogno di lottare per avere vita e amore. Poiché una sempre maggiore parte delle nostre facoltà cognitive non sono più impiegate nella lotta quotidiana per la sopravvivenza, sopraggiunge una crescente disoccupazione spirituale. Il valore di un avanzamento del progresso deve essere giudicato da quanto tiene occupato lo spirito dell’uomo, nel senso di una comunione con la natura.
Forse solo i primi utensili per tagliare possono essere considerati un esempio di invenzione positiva. Le altre invenzioni tecniche arricchiscono solo la vita dell’inventore stesso: rappresentano un volgare e spietato furto della comune riserva di esperienza dell’umanità. Andrebbe punito il loro pubblico uso con le più aspre pene.
L’assenza di una attività spirituale basata sulla natura biologica, viene manifestata, per esempio, da un pervasivo ricorso alla distrazione (spettacoli, sport, radio, “il ritmo dei tempi”). Non sono così vantaggiosi, oggi, gli ancoraggi: tutti i sistemi collettivi di ancoraggio ereditati dal passato non resistono alle critiche serrate e ansietà, disgusto, confusione e disperazione filtrano attraverso le loro spaccature. Il comunismo e la psicanalisi, cercano entrambi con mezzi nuovi di tentare la vecchia fuga, applicando rispettivamente, la violenza e l’astuzia per creare umani biologicamente adatti, intrappolando il loro critico surplus di cognizione. L’idea, in entrambi i casi, è stranamente logica. Ma non può portare a una soluzione finale. Sebbene un deliberato abbassamento a un più confortevole livello possa certamente salvare la specie nel breve termine, essa per sua natura non sarà in grado di trovare pace in tale rassegnazione e, in verità, non potrà mai trovare pace affatto.Se portiamo queste considerazioni alle sue estreme conseguenze, allora non c’è dubbio sulla conclusione. Finché l’umanità procederà nella fatale illusione di essere biologicamente destinata al trionfo, nulla di essenziale cambierà. Man mano che la popolazione aumenta e l’atmosfera spirituale si ispessisce, le tecniche di protezione assumono un crescente carattere brutale. 

E gli umani persisteranno in sogni di salvezza e affermazione con sempre nuovi messia. Eppure quando tutti i salvatori saranno stati inchiodati alle loro croci e lapidati nelle piazze, l’ultimo messia apparirà.

Sarà l’uomo che, primo tra tutti, ha osato mettere la sua anima a nudo e sottomettersi al più estremo dei pensieri del nostro lignaggio, l’idea stessa della fine. Un uomo che ha percepito la vita e le sue radici cosmiche e il cui dolore è il dolore della Terra intera. Con quali e quante furiose grida le torme di tutte le nazioni invocheranno che possa morire mille volte, quando come un panno, la sua voce avvolgerà il globo e il suo strano messaggio risuonerà per la prima e ultima volta:“La vita dei mondi è un fiume ruggente: ma la Terra è un pozzo di acqua stagnante. 

Il segno della colpa è scritto sulle nostre fronti. Per quanto ancora lotterete contro voi stessi? C’è solo una conquista e una corona, una redenzione e una soluzione:

Conosci te stesso, sii infertile e lascia che la terra sia silente dopo te.

L’intero libro in lingua inglese e’ scaricabile in .PDF QUI

Peter Wessel Zapffe, 1933

Cronache Babilonesi

 

frencH CORE short MiX & amp; Technoterra on San Francisco based Internet Archives

T E C H N O T E R R A

frenc-core-short-mix-coved-pic

https://archive.org/details/french_201611

Technoterra plays the french core in this short dj mix.

Also by the TECHNOTERRA at this address there are over 60 dj mixes to enjoy and to download hosted on the Community Audio of the INTERNET ARCHIVES, a virtual place where you can searchthe history of over 273 billion web pages on the Internet.. Music presents all aspects of the electronic dance variety, strictly underground tunes blended live as broadcasts on Afterhoursdjs.org web radio over a period spanning from 2010 and 2013.

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Se desideri conoscere un portale costituito da file di ogni genere raccolte negli archivi di INTERNET ARCHIVES viaggia qui- TECHNOTERRA è ospitato negli archivi con una selezione di 61 dj mixes, tutti ascoltabili e scaricabili in diversi formati. Si tratta di una parte della mia produzione come contributore di lunga data alla stazione web radio americanaAfterhoursdjstutto materiale di alta qualità il quale…

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DJ Selecta & Eternity Magazine ( UK )

At Last! After many years of searching I managed to get hold of this little gem of a mix.

This is from when Technoterra lived in the U.K. as an economic/hedonistic expat – having it large with pirate radio CHILLIN’FM 102.9 in London in the free early party scene as well as playing at many ordinary large and small venues mainly in the East side of town.

THANKS to OlD sKoOl RaVeRs UnItE! for uploading this!

This release came out as Volume 8, in a series of Limited Edition cassette DJ mixes along with ETERNITY Magazine – I believe – in 1995.

Great Acid Old Skool Techno.

Put simply : I am elated.

Courtesy of Mixcloud

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La Terra è ammalata di cancro e noi uomini siamo le cellule impazzite di questo tumore

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